Gran Sasso Serbatoio di Cinema

L’Appenino Abruzzese resta nel tempo confermata meta di produzioni cinematografiche

05 Settembre 2018   10:48  

2.912 metri di bellezza e imponenza. Il Gran Sasso, Re degli Appennini, è meta prediletta di produzioni cinematografiche da ogni parte del pianeta. Non solo quindi film italiani, ma anche stranieri per una quantità impressionante di materiale girato che vanta titoli di tutto rispetto. 

A partire dal 1976 con il “Deserto dei Tartari” opera di Valerio Burlini tratta dal libro di Dario Buzzati, per continuare con il conosciutissimo “Ladyhawke” del 1985 diretto da Richard Donner e con la straordinaria partecipazione di Michelle Pfeiffer. Film quest’ultimo, anche nella storia, ambientato nella città di Aquillion che nient’altro sarebbe se non il capoluogo della stessa regione: L’Aquila. Senza nulla togliere poi, al ben noto lungometraggio del 1986 di Jean Annaud “Il Nome della rosa”, tratto dall’omonimo romanzo di Umberto Eco, meraviglioso giallo storico ambientato nella suggestiva cornice di Rocca Calascio (come anche nel caso di “Ladyhawke”) e dell’altopiano del Gran Sasso. Per arrivare persino a western all’italiana come “Lo chiamavano Trinità” film del 1970 per la regia di E.B Clucher. Opera cinematografica, questa, campione d’incassi nella stagione 1971-1972, definita da molti come la migliore commedia spaghetti western di tutti i tempi, a cui presero parte Bud Spencer e Terrence Hill. Per nominare inoltre, l’indimenticabile “Amici Miei atto II” di Mario Monicelli del 1982 che valse il David Di Donatello come migliori attori non protagonisti a Milena Vukotic e a Paolo Stoppa. E non dimenticando il successivo “King David” di Bruce Beresford del 1985, sempre girato sull’Appennino Abruzzese in cui Richard Gere interpretava la parte dell’antico re d’Israele David. Arrivando, infine, ad opere ben più recenti come “Il Viaggio Della Sposa” del 1997 per la regia di Sergio Rubini, con la partecipazione di Giovanna Mezzogiorno, e al “The American” del 2010 diretto da Anton Corbjin, con George Clooney nei panni di un Killer professionista deciso a ritirarsi nelle campagne abruzzesi. Questi solo per citarne alcuni, considerato anche che molte delle scene di altri film girati qui non siano poi riconosciute dallo spettatore.

 Il fascino del Gran Sasso sembra quindi prestarsi ad essere un ambitissimo set naturale per il cinema. Non è strano infatti, a tutt’oggi, incontrare camion di produzioni cinematografiche, impegnate in nuove riprese, stazionare sui suoi altopiani e tra le sue vallate.

 L’Appennino, in tutto il suo incanto, è però solo una splendida parte di questa Regione che più volte, nel corso del tempo, è riuscita a far innamorare generazioni di registi. Come nel caso di Dino Risi che nel 1986 girò il suo “Straziami di Baci” tra Pescocostanzo (AQ) e Rocca Pia (AQ) e suo figlio Marco Risi che nel 2017 ha girato nella cornice della rinascente città Aquilana la serie tv targata Rai 1 “L’Aquila-Grandi Speranze”, in onda ad inizio 2019 sul primo canale della Televisione di Stato.

Resta, insomma, difficile comprendere come questa terra, “materiale scenografico grezzo” per il cinema, sia oggigiorno ancora orfana di una sua FilmCommission che possa valorizzarne l’immenso patrimonio. Argomento che sarà necessario trattare prossimamente per cercarne giusta motivazione.

Amato quindi dai registi, ricco di paesaggi e bellezze uniche, ideale location naturale, il Gran Sasso nella sua grandiosità e impassibilità resta in attesa di futuri sviluppi di una realtà regionale cinematografica che sappia definitivamente renderlo la piccola “Cinecittà appenninica” che merita di essere.

 

C.M.









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