"Sacro GRA": la cruda realtà sulla periferia romana

Recensione film

27 Settembre 2013   12:31  

Genere: Documentario
Regia: Gianfranco Rosi
Sceneggiatura: Gianfranco Rosi
Durata: 93 Min
Voto: 00 1/2

Documentario sulla periferia romana "Sacro GRA" è un puzzle di storie parallele, che hanno il fattore geografico come unico punto in comune. Ai bordi dell'enorme cerchio d'asfalto che circonda la capitale vivono: un un botanico in continua lotta contro i parassiti  divoratori di palme, un principe che ha fatto del suo castello un set per fotoromanzi, un infermiere che passa le notti sull’autoambulanza del 118, un pescatore di anguille, delle prostitute e un nobile piemontese decaduto, che vive con la figlia, studentessa universitaria.

Gianfranco Rosi riparte con la sua macchina da presa alla ricerca di un luogo (o per meglio dire un non-luogo) da immortalare. Dopo aver passato quattro anni nel deserto per filmare una comunità di emarginati americani ("Below sea level") e il film-intervista a un ex killer del narcotraffico ("El sicario"), il regista vincitore quest'anno del Festival del cinema di Venezia, ha fatto suo, per la realizzazione di "Sacro GRA", un progetto altrui e precisamente di Nicolò Bassetti. L'idea era quella di realizzare un libro, una mostra e un sito web, per creare una mappatura dell'area intorno al Grande Raccordo Anulare.

Da questo progetto iniziale parte l'osservazione di Rosi di un confine tangibile (e sociale) e di coloro che lo abitano: personaggi improbabili eppure reali, con le loro storie. Sta forse proprio tutta qui la forza di questo film, nella capacità di catturare l'essenza di tutte le storie raccontate, estrapolate da ore e ore di ripresa.

Un quadro eterogeneo, ma che riflette una realtà spesso triste e difficile da vivere, è quello che viene mostrato allo spettatore: prendere atto della veridicità di ciò che Rosi mostra diventa così la vera sfida.

Non sappiamo se questo universo andrà verso un'evoluzione, ma la chiusura circolare del film (con la ripresa delle luci sfocate delle macchine in movimento, sul grande GRA) non ci dà molte speranze al riguardo. Il film termina allo stesso modo in cui è iniziato, come a dire: "Ecco la periferia romana. Questo è quanto".

Come il coleottero rosso che scarnifica le palme portandole lentamente alla morte, Rosi ci mostra lo spaccato di una società corrosa da un virus, che la sta a poco a poco consumando. Un lavoro lento e costante che si riflette, purtoppo, anche sulla narrazione stessa, a tratti pesante e poco godibile per lo speattatore. 

Per tutti coloro che si aspettano una versione romanzata della vita dei romani, che ogni giorno affrontano l'incubo di attaversare l'autostrada urbana più lunga d'Italia, "Grande GRA" è altamente sconsigliato.

di Maria Rita Graziani


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