Dylan Dog 468 – “Quel che resta del tempo”: l’incubo (modernissimo) di chi rincorre il tempo

01 Settembre 2025   18:49  

Il nuovo albo mette Dylan dentro un labirinto temporale che parla più di noi che di mostri: non la solita distorsione fantascientifica, ma l’ansia quotidiana di “stare dietro al tempo”, trasformata in incubo narrativo. L’editoriale inquadra il tema accostandolo a cinema come Coherence, The Call e Triangle, opere che giocano su sfasamenti, linee telefoniche tra epoche e loop, segnalando da subito l’asse: il tempo come percezione, non come dato oggettivo.

Alla scrittura c’è un tandem interessante: soggetto di Dario Magini, che nasce dall’esperienza di un’esistenza “a vortice” tra lavoro, socialità e nuova sottrazione di minuti; sceneggiatura di Alessandro Russo, che innesta la struttura della spy story con gusto per il noir classico anni ’30-’50, ricalibrandola sullo sguardo dylaniato. Ne esce un’indagine che procede a scatti, fra pedinamenti e complotti, ma sempre con il baricentro sulle crepe percettive del protagonista.

Ai disegni, Riccardo Torti sceglie un dispositivo visivo coerente con l’idea di sfasamento: abbandonata la “sdoppiatura” iniziale (esemplare la sequenza con il Big Ben), opta per una sfocatura realizzata a mano che rende il presente come una lastra che slitta sotto i piedi del lettore. Il risultato è un London-noir denso di nebbie ottiche, con una sequenza in biblioteca che spicca per regia e ritmo, impreziosita dalla comparsa lampo di un comprimario storico.

Il fascino dell’albo sta nella saldatura fra tema e forma: la pagina “perde fuoco” quando Dylan perde presa sul tempo; gli snodi di trama imitano il nostro multitasking fallace; e l’ironia residua non smorza, ma rilancia la tensione. Nel sottotesto, la domanda è semplice e tagliente: questa folle corsa è sostenibile o destinata a incepparsi?

Riferimenti e curiosità

  • Tra le suggestioni citate dagli autori compaiono Daitarn 3 e la serie Il Prigioniero: indizi d’intreccio fra identità, controllo e memoria.

  • L’impostazione “spy” nasce dalla passione di Russo per Fleming e per il noir classico: da qui certe posture da hard boiled, rilette però in chiave londinese e onirica.

  • L’effetto di sfocatura è una scelta dichiarata da Torti dopo test di “sdoppiatura”; la scena del Big Ben funziona da manifesto della poetica grafica dell’albo.

  • La sequenza in biblioteca è indicata dall’autore come la sua preferita e include una cameo di un comprimario amato; l’eco all’albo “Tre per Zero” fa da strizzata d’occhio ai lettori storici.

In sintesi, “Quel che resta del tempo” è un Dylan Dog che usa i codici dello spionistico per parlare del nostro presente iperveloce, trovando nella grafica un’estensione precisa del tema: un esperimento riuscito, elegante e inquieto quanto basta. 


Oroscopo del Giorno powered by oroscopoore