“A.C.A.B.”, la banda della celere

La recensione del film

04 Febbraio 2012   12:14  

Regia: Stefano SollimaCast: Pierfrancesco Favino,  Filippo Nigro, Marco Giallini, Andrea Sartoretti, Roberta Spagnuolo

Genere: Poliziesco

Durata: 112 minuti

Voto: OOO 1/2


"A.C.A.B." racconta la parabola di tre celerini, Negro, Mazinga e Cobra, da sempre abituati al confronto quotidiano con la violenza di strada, che si rendono conto di essere intrappolati in un meccanismo perverso che li vuole quotidianamente carnefici e vittime di odio e violenza. Un cortocircuito che inevitabilmente si riflette nelle loro turbolente vite private: proprio quando sembra arrivare la resa dei conti, incontrano “il futuro” in una giovane recluta, Adriano, appena aggregata al loro reparto. L’educazione di Adriano alla legalità, all’ordine, all’applicazione anche violenta della legge è la lente per raccontare il controverso “reparto mobile” con un inedito sguardo dall’interno, sullo sfondo dei più sconcertanti episodi di violenza urbana accaduti in Italia negli ultimi anni, dal G8 di Genova fino alla morte di Gabriele Sandri.


Stefano Sollima, regista che viene dalla fiction di qualità (“Romanzo criminale – La serie”) abbandona il piccolo schermo ma, nel passaggio alla sala cinematografica, cambia i personaggi senza toccare la storia. I celerini (in)fedeli alla divisa di “A.C.A.B.”, acronimo di All Cops Are Bastards ( tutti i poliziotti sono dei bastardi), somigliano moltissimo anzi, diciamocelo francamente, sono identici ai protagonisti della serie tv sulla banda della Magliana. L’estrazione sociale è la stessa, infatti, e pure il modo malato e distorto di intendere il ‘potere’ è praticamente immutato. Un paragone da far venire i brividi se pensiamo che gli agenti in questione, più esagitati di bulletti di quartiere, dovrebbero agire per conto di uno Stato (assente) e non picchiare selvaggiamente per beghe personali.


Il reparto mobile della polizia, insomma, esce dalla sala cinematografica con le ossa rotte, ‘manganellato’ dal crudo realismo di cui la pellicola è permeata. Dimenticate i personaggi in divisa puliti delle classiche fiction Rai e Mediaset, perché ‘Cobra’, ‘Negro’ e ‘Mazinga’ sono dei ‘Bastardi senza gloria’ (per usare un parallelo solo cinematografico) di tarantiniana memoria, poveri cristi dalle vite grame che utilizzano la loro professione per sfogare la rabbia repressa.

 
A guardar bene, però, il film non è un atto d’accusa nei confronti della polizia o delle forze dell’ordine (non per fare del facile perbenismo, bisogna ricordare che in tanti svolgono il loro mestiere in modo corretto) ma un feroce j’accuse alla società italiana in genere. Che si chiamino poliziotti, tifosi, o manifestanti il nostro Paese è fatto di individui solitari rigonfi di bile da vomitare una volta radunati in branchi affamati pronti ad un’ inutile guerra tra poveri. Alla fine dei giochi, in fondo, di questo si tratta e Sollima è uno spietato e bravissimo pittore di un quadro desolante.


Troppo facile condannare, insomma, più difficile (e costruttivo) capire invece le ragioni profonde di un film che non si propone né di demolire né di costruire ma solo di raccontare dei fatti orribili che troppo spesso sfuggono agli occhi distratti di noi attenti osservatori televisivi troppo distanti dalla realtà. Troppo facile considerare ‘Mazinga’, ‘Cobra’ e ‘Negro’ delle pecore nere. Più difficile, forse, ammettere di essere parte dello stesso gregge anche se con divise diverse.


Feroce.


Francesco G. Balzano

GUARDA IL TRAILER SU YOUTUBE



Oroscopo del Giorno powered by oroscopoore