Nel Tex Speciale n. 41, intitolato Ben il bugiardo, Pasquale Ruju e Stefano Biglia costruiscono un’avventura che celebra il potere della narrazione come motore d’identità, mito e memoria. Al centro del racconto c’è Ben, personaggio affascinante e ambiguo, narratore instancabile di imprese tanto eroiche quanto improbabili, che incarna l’archetipo del "bugiardo sincero", il cantastorie di frontiera, erede spirituale dei bardi medievali e dei venditori ambulanti di “dime novels”.
Il soggetto è, in fondo, un omaggio metanarrativo alla genesi del mito western, alle sue deformazioni romantiche e alla funzione consolatoria della parola. Ben, nel suo raccontare esagerato, evoca un West fatto di coraggio, amicizia e redenzione, dove ogni menzogna cela una verità più profonda: l’uomo ha bisogno di storie per comprendere il mondo e se stesso. La struttura narrativa si muove tra presente e passato, realtà e immaginazione, lasciando che sia il lettore a scegliere cosa credere, come nei romanzi di Mark Twain o nei film di John Ford, su tutti L’uomo che uccise Liberty Valance, dove "quando la leggenda diventa realtà, si stampa la leggenda".
Il testo di Ruju, raffinato e ironico, si muove con sicurezza tra dialoghi taglienti e riflessioni malinconiche, con echi che vanno da Butch Cassidy fino a Unforgiven. Ben è il fratello maggiore di personaggi come Falstaff o Don Chisciotte: racconta per vivere, ma anche per dare un senso al proprio vissuto.
Dal punto di vista grafico, Stefano Biglia firma tavole di grande impatto visivo e poetico. L’uso netto del bianco e nero, con contrasti ben calibrati e linee essenziali, richiama lo stile classico di Galep ma lo aggiorna con una sensibilità pittorica contemporanea. L’ambientazione western è resa con maestria: i paesaggi sono vivi e pulsanti, i volti dei personaggi espressivi e intensi, capaci di trasmettere emozioni sottili anche nei silenzi.
Non mancano i riferimenti iconografici alla pittura di Frederic Remington e all’arte dei Macchiaioli, in una sintesi che esalta l’estetica epica e nostalgica del West. L’effetto è quello di un romanzo per immagini che alterna momenti lirici a sequenze dinamiche, senza mai perdere coerenza o intensità.
Ben il bugiardo non è solo un’avventura di Tex, ma una riflessione sulla natura stessa del racconto western e sul bisogno umano di costruire mitologie. Un albo che parla del passato per interrogare il presente, e che conferma come, anche nella polvere del deserto, le parole possano ancora lasciare tracce profonde.