"La vita di Adele": intensa storia di un amore non convenzionale

Recensione film

08 Novembre 2013   20:49  

Genere: Drammatico


Regia: Abdellatif Kechiche


Sceneggiatura Abdellatif Kechiche, Ghalya Lacroix


Cast: Léa Seydoux, Adèle Exarchopoulos, Salim Kechiouche, Aurélien Recoing, Catherine Salée, Jérémie Laheurte

Voto: 000 1/2

Adele (Adèle Exarchopoulos) è un'adolescente come tante altre, che passa le sue giornate tra studio e amiche. Un giorno inizia a frequentare un coetaneo, Thomas (Jérémie Laheurte), sperando di provare per lui quel trasporto, fisico e emotivo, di cui le ragazze della sua età sembrano non poter fare a meno. Si renderà presto conto dell'impissibilità di ciò, grazie a un incontro fortuito con una ragazza dai capelli blu di nome Emma (Léa Seydoux), con la quale vivrà la sua prima  intensa storia d'amore.

Vincitore della Palma d'oro al Festival di Cannes, dove per la prima volta , oltre al film, il premio è andato anche alle due protagoniste, "La vita di Adele" ha da subito attirato le critiche dei più per le scene di sesso spinto tra le due protagoniste. Il film è tratto dalla graphic novel "Il Blu è un Colore Caldo" della francese Julie Maroh: nel fumetto Emma ripercorre la sua storia d'amore con Clementine (il nome nel film è stato cambiato in Adele, per permettere all'attrice protagonista di immedesimarsi ancor più nel personaggio), in un flashback tutto in bianco e nero, in cui soltanto alcuni elementi significativi si tingono di colore: "il caldo blu" dei capelli di Emma.

L'intenzione del regista Abdellatif Kechiche (Leone d’Oro al Festival di Venezia 2000 per la Miglior Opera Prima con "Tutta colpa di Voltaire" e Leone d’Argento 2007 per "Cous Cous") non era quella di creare scandalo, bensì di raccontare una storia d'amore, certamente non convenzionale, ma non per questo priva di passionalità e sentimento. Possiamo dire che l'obiettivo che si era prefissato il regista di origini tunisine è stato raggiunto pienamente: grazie ai suoi primissimi piani, che indagano volti e corpi delle due protagoniste, Kechiche ci restituisce desiderio, trasporto, dolcezza e sofferenza di una ragazza che sta scoprendo, nell'istante stesso in cui la vediamo, il suo corpo e la sua sessualità.

Affamata di cibo e vita, Adele si trova a doversi confrontare con passioni e desideri che non vorrebbe avere, lontani da quelli della famiglia in cui è cresciuta. Una madre e un padre di origini proletarie, distratti, che, sebbene si accorgano dell'instabilità emotiva della giovane, non si preoccupano di appurarne le ragioni, focalizzando la loro attenzione solo ed esclusivamente su questioni di carattere economico, legate al futuro della ragazza.

L'insofferenza verso la realtà, che circonda la protagonista di questo film, è resa bene dai suoi capelli, perennemente in disordine, con i quali ha un rapporto compulsivo. Capelli che vanno in qualche modo a caratterizzare il suo personaggio, come del resto quello della sua compagna Emma.

Quest'ultima, più grande ed esperta in materia d'amore e di vita di Adele, viene da una famiglia, di origini borghesi, che ha certamente una visione della vita differente rispetto a quella della sua compagna. Differenza che traspare non solo dai discorsi, ma dal diverso rapporto con il cibo: agli spaghetti con polpette della famiglia di Adele, si contrappongono le ostriche e il vino bianco dei genitori di Emma.

Studentessa all'Accademia delle Belle Arti, Emma è anche artista d'avanguardia e nelle sue opere viscerali, di cui Adele diventa la musa ispiratrice, si avverte tutta la carnalità di un sentimento in cui la componente fisica ha un peso enorme. Le scene di sesso esplicito non lasciano dubbi al riguardo; e se al regista si potrebbe rimproverare l'eccessivo attaccamento ai dettagli e la lunghezza (anch'essa eccessiva) delle scene stesse, è innegabile che l'intensità del coinvolgimento delle due ragazze arriva dritta allo spettatore, a cui non è permesso giudicare, ma solo prendere atto della realtà: non si può scegliere chi amare, solo arrendersi a ciò che intimamente si desidera e può portare alla felicità.

Un sentimento totalizzante quello di Emma e Adele, dalla cui privazione non può che scaturire una sofferenza profonda, che Kechiche ci restituisce incollandosi ancor più assiduamente ai volti delle protagoniste e dilatando la struttura temporale del racconto, che sembra progressivamente rallentare, mostrando l'estrema difficoltà che nasce dall'andare avanti sentendosi privati della ragione stessa della propria esistenza.

"La vita di Adele- capitoli 1 e 2" (questo il titolo completo del film) se da un lato lascia spazio ad un seguito, dall'altro mette ben chiaro che ciò che andremo a vedere è solo uno spaccato della vita di questa ragazza: un momento di passaggio tra l'adolescenza e la maturità, un spazio temporale regolato unicamente dal sentimento che la protagonista proverà verso il suo primo amore.

Il risultato è un film coinvolgente e fuori dagli schemi, che nonostante la lunga durata (quasi tre ore), non annoia e fa riflettere.

Ottima prova di Abdellatif Kechiche e delle due protagoniste Léa Seydoux, Adèle Exarchopoulos che con "La vita di Adele" hanno dimostrato capacità attoriali decisamente sopra la norma.

di Maria Rita Graziani

 


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